Guerra bestiale. Uomini e animali nella Grande Guerra del 2004 (Opac Sbn) e Il bravo soldato mulo. Storie di uomini e animali nella Grande Guerra (Opac Sbn) del 2012 sono i due volumi pubblicati da Lucio Fabi a otto anni di distanza l’uno dall’altro e dedicati al rapporto tra uomini e animali nella Grande Guerra.

La loro lettura parallela permette di evidenziare una continuità tra il primo e il secondo, l’uno incentrato sulla natura disumanizzante della guerra, che travolge principalmente i soldati, l’altro intento a spostare lo sguardo sugli animali per rilevare  i mutamenti provocati dalla guerra nel rapporto uomo/animale.

La prima guerra mondiale è stata una guerra strana. È stata una guerra di massa, totale, che ha introdotto il mondo alla cosiddetta era contemporanea. È stata una guerra moderna e industriale (il cannone e la mitragliatrice serializzano e rendono maggiormente impersonale il gesto di uccidere un uomo) che ha inciso pesantemente sull’esperienza e sulla percezione di milioni di militari e civili. Nello stesso tempo però, è stata una guerra primordiale, combattuta fino allo scontro fisico da soldati che vivono sottoterra, in caverne e trincee, alle prese con condizioni igieniche inenarrabili e privazioni di ogni tipo, generalmente senza avere la possibilità di vedere l’avversario e la natura circostante (p. 5, Guerra bestiale).

Una guerra moderna e primordiale che non avrebbe potuto neppure iniziare senza l’arruolamento di massa di milioni di animali.

In Guerra bestiale Fabi illustra il rapporto particolare e simbolico dell’alpino con il suo mulo, tema ricorrente ad esempio nei monumenti ai caduti, che sovente riproducono l’alpino con il fedele quadrupede. Al fronte, tuttavia, non si annovera soltanto la presenza dei resistenti muli, con loro ci sono i cani, gli asini, i cavalli, i piccioni, senza contare i ratti, le pulci, i pidocchi, che condivisero con i soldati il duro quotidiano di guerra.

Le forme svariate e peculiari assunte da questa presenza determinarono l’introduzione di strutture specifiche dedicate proprio agli animali. Accanto ai mezzi a motore per cui erano necessari meccanici, officine, carburante, c’erano le stazioni di posta per gli animali trasportatori, i depositi di foraggio, gli ospedali veterinari, organizzati dalla Croce Azzurra. Senza contare le stalle e i parchi buoi per gli animali da rancio,  macellati nelle immediate prossimità del fronte e gli stabilimenti digestori, in cui venivano smaltite le carcasse da cui si ricavavano le materie grasse, la glicerina e i concimi.

Gli animali, dunque, sono un fondamentale ausilio alle operazioni logistiche, nei trasporti, nel recupero feriti, nelle comunicazioni e cibo per il sostentamento dei soldati. Non a caso Fabi riporta alcuni passaggi di lettere dal fronte, in cui si fa riferimento al rancio. La carne per la maggioranza dei soldati era un bene di consumo molto raro, mentre al fronte ne ebbero a disposizione molta di più di quanto avrebbero potuto immaginarsi sia come prodotto fresco che in scatola. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’industria alimentare italiana durante la Prima guerra conobbe un’enorme crescita, soprattutto per i comparti legati alla conservazione di carne e di pesce.

Fabi rileva come gli animali, pur essendo principalmente impiegati come elementi dei corpi d’armata,

sono anche e soprattutto esseri viventi che accompagnano i militari in una avventura difficile e impegnativa, a tratti disperata e impossibile, ma anche spensierata e divertente, a volte pericolosissima, altre inevitabilmente noiosa (p. 16, Guerra bestiale).

La presenza degli animali serve ad alleviare l’orrore della trincea. Prendersi cura di esseri indifesi e assolutamente dipendenti dall’uomo, significava infatti per i soldati recuperare, anche solo per un breve lasso di tempo, la propria umanità offesa dalla esperienza disumanizzante della guerra.

Animali da guerra, da cibo, da pet therapy, questi i temi che Fabi ha ripreso otto anni dopo ne Il bravo soldato mulo. Qui l’attenzione è spostata sul rapporto uomini/animali, evidenziando come a partire dalla Prima guerra questo rapporto si sia evoluto, diventando molto più intenso rispetto alle guerre precedenti. Si trattò, in effetti, di un coinvolgimento totale, come totale fu la guerra. La lunga coabitazione in situazioni estreme di pericolo permise il saldarsi di una famigliarità tra l’uomo e l’animale che in parte richiama alla tradizione contadina, in cui se da un lato l’atteggiamento verso gli animali era duro dall’altro era anche compassionevole, poiché dal buon animale dipendevano gran parte delle attività agricole; in parte risponde ad una più moderna cultura borghese aperta alla convivenza e all’interazione con gli animali di affezione.

Fabi scrive di non pretendere che il suo sia un trattato di etologia bellica, eppure Il bravo soldato mulo va in questa direzione, mettendo in luce aspetti inediti del rapporto sentimentale tra uomini e animali al fronte attraverso le lettere, i diari, le memorie di soldati sconosciuti e di autori noti come Ungaretti e Gadda.

Entrambi i volumi sono completati da un ricco corredo fotografico, immagini inedite provenienti da fondi privati che raccontano più e meglio delle parole il fronte italiano e i tanti animali, che su quel fronte combatterono e perirono insieme ai loro compagni umani.