Chi è il nonviolento?
Chi è il nonviolento? Nel dare una risposta a questa domanda, si cercherà di risolvere due possibili quanto facili equivoci.
Il primo riguarda il genere della nonviolenza. Pur essendoci una certa affinità fra nonviolenza e femminismo, ciò non implica che la pratica nonviolenta sia una prerogativa delle donne. La storia del Novecento tende anzi a riconoscere fra i leader nonviolenti quasi esclusivamente degli uomini. In realtà, l’iniziativa nonviolenta ridefinisce i modelli di genere vigenti, valorizzando in quanto virtù positive la compassione negli uomini e la fiducia in se stesse nelle donne.
Il secondo attiene al rifiuto della guerra, attitudine che induce ad identificare il nonviolento con il pacifista e si tratta di un equivoco non da poco. Il pacifista è seguace di una dottrina, il pacifismo, che rifiuta il ricorso alla guerra nella risoluzione delle controversie internazionali, non rifiuta però altre formule altrettanto violente di contenimento: embarghi, bombardamenti mirati, ecc. In base a questa definizione si può affermare che sebbene molti pacifisti siano anche nonviolenti, difficilmente l’attivista nonviolento è un pacifista.
Identikit del non-eroe
Nel volume La conta dei salvati, Anna Bravo ha tracciato un identikit del soggetto nonviolento, descrivendolo come una persona che:
non si limita a rigettare le armi (proprie o improprie che siano), ma rifiuta l’odio e cerca di trasmettere al nemico lo stesso talento; non rinuncia ai conflitti, ma li apre e prova ad affrontarli in modo evoluto, con soluzioni in cui nessuno sia danneggiato, umiliato, battuto; non vive negli interstizi lasciati liberi dal potere, ma lo sfida; aderisce ad una pratica etica e politica tesa a ridefinire le relazioni fra gruppi e fra singoli; non è equidistante rispetto alle disparità sociali, ma le individua e ne promuove il superamento; non è né remissiva né ingenua, bensì paziente e mite, capace di inventare tattiche nuove per raggiungere i propri obiettivi.
Donne sicure di sé e uomini compassionevoli
I non-eroi, dunque, sono donne sicure di sé e uomini compassionevoli, che sarebbe riduttivo definire pacifisti. Essi sono piuttosto dei “peacemakers” ovvero dei “facitori di pace”: si impegnano a costruire le condizioni alternative alla violenza e alla guerra “partendo da sé”, cambiando il proprio modo di agire, di pensare, di parlare. Il loro obiettivo è favorire la crescita di “società capaci di pace (peaceable societies)” e la loro iniziativa prevede un impegno duraturo e costante nel tempo.
(*) L’immagine della Marcia del sale è tratta da Wikipedia
(Non-Eroi, 4 – Continua)
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